Intervista sull’introversione a Pietro Launi.

1) La tua introversione ti ha creato problemi di accettazione o di comprensione da parte della tua famiglia, dei tuoi amici o degli insegnanti?

No, per fortuna non ho mai avuto grossi problemi di accettazione o di comprensione.

A scuola, da buon introverso, ero un bravo ragazzo ubbidiente ed andavo bene, tra l’altro studiando anche abbastanza poco rispetto agli altri 🙂

Forse anche per questo gli insegnanti mi hanno sempre trattato bene e non mi hanno mai mancato di rispetto (compresa quella che usava la bacchetta per punire i “cattivi”)

In generale, con gli amici, mi sono sempre trovato bene perché ero (e ancora sono) un tipo un po’ “particolare”: attiro vicino a me le persone che mi sono compatibili, allontanando gli altri.

 

2) Ti sei mai sentito sbagliato o inadeguato rispetto ai tuoi compagni o alle altre persone?

Qualche volta si.

Soprattutto in adolescenza mi veniva difficile parlare con le persone “nuove”.

A differenza dei miei coetanei ero molto inibito nel primo “contatto”,  quello da cui partono tutte le interazioni sociali.

Negli anni ho continuato a sbatterci la testa e alla fine sono riuscito a capire come si fa.

Ora sono arrivato al punto che non devo preoccuparmene più: quando voglio parlare ad una persona che vedo per la prima volta semplicemente vado là e lo faccio.

 

3) Secondo te in questi ultimi anni è cambiata l’opinione della gente riguardo l’orientamento caratteriale introverso, la gente ha meno pregiudizi, meno luoghi comuni, accetta di più le persone introverse?

Sinceramente non ho mai notato un pregiudizio diretto specificatamente a chi è introverso.

Noi introversi siamo una minoranza e, in generale, la gente ha paura delle minoranze perché sono formate da individui “diversi”, cioè con caratteristiche che le persone “comuni” non hanno.

Io stesso ero scarso nelle relazioni sociali ma ero (e sono) molto bravo nel ragionamento e, in generale, in tutte le cose “tecniche”: questo mi rendeva molto differente dagli altri.

Cosi all’università ho scelto ingegneria invece di un corso umanistico: cosi facendo mi sono circondato di persone più simili a me, senza nessun pregiudizio.

 

4) Nel corso della tua vita come è cambiato il tuo modo di vivere e gestire la tua personalità introversa?

I miei problemi erano, come già ho scritto sopra, le relazioni sociali.

Faticavo tanto e, al di fuori dei compagni di scuola, non riuscivo praticamente a interagire con nessuno.

Poi la svolta quando sono andato a lavorare in banca, più di 7 anni fa.

Ero allo sportello e ho dovuto imparare “per forza” come interagire con le persone.

Nonostante i primi brutti momenti penso che sia stata un’esperienza necessaria: con il senno di poi sono grato di averla avuta.

 

5) Quali sono secondo te le cose principali che impediscono agli estroversi di capire ed accettare la personalità introversa?

Credo che la volontà di “capire il mondo” sia una caratteristica degli introversi più che degli estroversi.

Questi ultimi, secondo me, sono più appagati dall’agire piuttosto che dal riflettere.

E, quindi, non si pongono proprio il problema di capire gli introversi, semplicemente la cosa non gli interessa  (opinione personale, ovviamente).

 

6) Credi che anche al giorno d’oggi sia sconveniente essere introversi?

Non sono d’accordo sulla domanda: come se mi stessi chiedendo se è meglio avere i capelli biondi o castani.

Essere introversi o estroversi è una caratteristica innata, decisa dai tuoi geni.

Nasci e ti sviluppi in un certo modo, sta poi a te trarne il meglio.

Io sono contento della mia introversione, non la cambierei con niente 😉

 

7) Quali sono le principali differenze fra introversi ed estroversi nel loro modo di approcciarsi alla vita e nei rapporti con gli altri?

Premettendo che non esistono persone puramente dell’uno o dell’altro tipo ma che entrambi i tratti coesistono in ognuno di noi, con uno dei due prevalente rispetto all’altro (tranne nei rari casi di persone centroverse che hanno le due componenti in equilibrio).

Credo che la differenza maggiore tra i due tipi sia nel diverso focus.

Ragionando per estremi, gli introversi sono molto concentrati sul ragionamento e sul “perché” delle cose.

Vogliono spiegarlo principalmente a se stessi, rimanendo insoddisfatti fino a quando quella domanda non ha trovato una risposta esauriente.

È per questo che molti ricercatori e inventori hanno una personalità introversa.

Purtroppo c’è un lato negativo a questo approccio: si guarda solo dentro se stessi evitando il confronto con gli altri.

Se cerchi la risposta esclusivamente dentro di te puoi usare solo la tua esperienza e solo il tuo punto di vista.

Senza chiedere aiuto in caso di difficoltà o, semplicemente, considerare l’opinione altrui, la tua qualità della vita può peggiorare di molto, perché senza un’adeguata esperienza, senza confronto e punti di vista diversi, tante cose non riesci a spiegartele.

E se la tua vita va male magari dai la colpa alla società, alla politica o alla “crisi”.

Quando, in realtà, quello che dovrebbe cambiare, in prima battuta, sei proprio tu e la tua visione del mondo.

 

Gli estroversi, viceversa, sono concentrati sul mondo esterno alla ricerca di stimoli appaganti.

Per come è fatto il loro cervello, ogni cosa “nuova”, che sia diversa dal resto, causa scariche piacevoli di dopamina.

E questo li porta a cercarne sempre di più in un circolo che, se in un certo senso può essere considerato virtuoso, in un altro ha molti aspetti di quello vizioso.

Da una parte tendono a vivere “al massimo”, a frequentare gente nuova, a provare le esperienze più diverse e via via meno convenzionali (perché più “stimolanti”).

Dall’altra questo cercare di andare sempre più veloce, li porta a non soffermarsi sulle motivazioni, sui perché e sugli aspetti più “filosofici” e razionali.

Questo modo di agire li porta automaticamente a scegliere le cose “facili”, quelle dove fanno meno fatica.

Ma più vai avanti con la vita e più le cose diventano difficili. E senza aver sviluppato la capacità di analizzare quello che ti sta intorno insieme ad una buona forza di volontà “razionale” (cioè non nevrotica), spesso finisci in crisi, perché perdi il controllo delle cose.

 

In conclusione, quello che paga di più è l’equilibrio: cercare di capire i propri punti deboli e impegnarsi a migliorarli per vivere al meglio.

 

8) C’è un’idea, un pregiudizio, un luogo comune sugli introversi che ti fa particolarmente arrabbiare?

È che io non mi arrabbio 🙂

Considero il pregiudizio una cosa negativa cosi come il perdere le staffe.

Quando mi capita di esserne vittima, se la cosa viene da qualcuno con cui si può avere un dialogo cerco di spiegargli le mie ragioni e far valere il mio punto di vista.

Con altri il ragionamento non porta a niente e semplicemente li ignoro. Sarebbe una inutile perdita di tempo.

 

9) Quali sono gli errori principali che gli introversi fanno?

Ci ho fatto un sito su questo 😀 (www.escidalguscio.it)

Gli introversi sono troppo rinchiusi in se stessi, proprio nel senso di guardarsi esclusivamente dentro senza considerare il mondo l’esterno.

Quando fai cosi e le cose non vanno per il verso giusto, corri il rischio che i problemi si ingigantiscano.

Come quando sei nella casa degli specchi, più rifletti sul tuo disagio e più questo diventa grande e importante. Fino a far diventare un problema “relativo” qualcosa di assoluto.

Quello che vorrei che tutti facessero (come ho fatto io stesso) è uscire dal guscio, cioè aprirsi e rendersi conto di quanto siano importanti gli altri per il nostro benessere (anche quando sembrano remarci contro).

 

10) Perché secondo te la personalità introversa è ancora oggi accostata a qualcosa di patologico, di negativo o di triste?

Perché molti introversi si rinchiudono in se stessi e si auto-esiliano.

Il resto della società li guarda sicuramente con curiosità per poi accorgersi che quando uno è troppo solitario ha poco da dare. E cosi li abbandona.

Chi è più sensibile e vuole comunque saperne di più si rivolge ai libri…e, soprattutto in italiano, trova quelli dei “medici” che studiano (e riportano) i casi “patologici”.

Cosi il pubblico pensa che l’introversione sia qualcosa che non va bene, che gli introversi siano quasi dei malati non dico da curare ma almeno da compatire.

Penso agli scritti del Dott. Anepeta: ho trovato molto interessante “Timido, Docile, Ardente”.

La descrizione del profilo della personalità introversa è fenomenale e mi sono ritrovato in tante sue descrizioni, compresa la “crisi mistica” che porta tanti introversi ad avvicinarsi a Dio (tanto è vero che ho fatto il chierichetto da bambino).

Di contro, però, in quel libro si parla di patologie e di disagio, di come un introverso, per quanto descritto li, sia destinato a vivere una vita fallimentare a causa della sua condizione che è vista quasi come un handicap.

Voglio segnalare un altro libro di caratura opposta, che parla dei lati positivi di essere introverso e di come affrontare al meglio la vita: “The Introvert Advantage: How Quiet People Can Thrive in an Extrovert World” di Marti Olsen Laney

Purtroppo non c’è una versione in italiano, ma lo consiglio a tutti.

 

11) Che consiglio daresti agli introversi, anche a quelli delle generazioni future?

Di andare oltre se stessi.

A poco, a poco. A piccoli passi uscire da quella che viene chiamata la zona di confort e “buttarsi” in situazioni nuove per imparare.

Ci vuole sforzo per migliorare, fare un passo avanti è più faticoso di stare fermo. Ma se non ti muovi mai, corri il rischio di rimanere da solo perché tutti gli altri sono andati via.

Delia Martyn – 2017 – Tutti i diritti riservati.

Pubblicato da introversadoc

Sono Delia, mi occupo di teatro e scrittura. Amo la musica, il cinema, il teatro, la psicologia. Sono una persona introversa e sull'argomento ho scritto anche un libro in versione ebook e cartacea.